TEATRO

SHAKE FOOLS, INGEGNOSO E DI FORTE IMPATTO LO SPETTACOLO DI MANUELA TEMPESTA E GIOVANNI MARIA BUZZATTI

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Shake Fools, la follia dei personaggi shakespeariani riprende vita e forma al teatro Trastevere.

 

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Dal Cinema al Teatro: è andato in scena dal 9 al 13 ottobre, in apertura di stagione del Teatro Trastevere di Roma, lo spettacolo SHAKE FOOLS, scritto e diretto da Manuela Tempesta (regista e sceneggiatrice di provenienza cinematografica) insieme a Giovanni Maria Buzzatti, autore e regista teatrale.

Il lavoro ci ha dato subito l’idea di qualcosa di “monumentale”, senza la pesantezza implicita nell’aggettivo. La scena si apre con un turbinio di personaggi impegnati a percorrere le loro ossessioni patologiche.

Il Virgilio o il Caronte (secondo i punti di vista) che ci introduce in questa struttura di recupero per malati psichici, con tendenze criminali, è il personaggio del Matto ovvero il “Fool”, la Shakespeariana voce della coscienza portatrice di verità, interpretato da uno straordinario Enrico Franchi che, con leggerezza e drammaticità, ha saputo guidarci nelle insenature dell’anima, là dove l’anima si ripiega su se stessa per la troppa sofferenza. Cristallina e profonda è l’interpretazione di Mavina Graziani nel ruolo di un’Ofelia schizofrenica, destinata a smarrire se stessa e la sua vita. Fa quasi tenerezza il personaggio di Emanuele Guzzardi, che interpreta un nevrotico e visionario Amleto, in bilico tra “l’essere e non essere”, che sceglie di “ESSERE” (e di dare un senso alle ingiustizie subite) con un fucile d’assalto in pugno, seminando morte e distruzione.

Ofelia ed Amleto, in questa chiave di scrittura, sono legati da un comune percorso di abuso ma, da vittime, divengono carnefici l’uno per l’altro. Invece, sembra direttamente uscito dal campo Rom di Via Salone lo zingaro Learich, il “Re dei Rom”, magistralmente interpretato da Giovanni Maria Buzzatti (anche autore e regista della piece teatrale insieme alla Tempesta), un personaggio ironico, cinico e crudele nel rappresentare l’ignoranza di cui è portatore suo malgrado, che umilia la figlia più piccola obbligandola a sposarsi bambina e che, a sua volta, viene umiliato dalle figlie più grandi quando la Guardia di Finanza gli sequestra tutto a causa dei sui illeciti. Vediamo Learich lottare e discutere con il figlio adottato Edmund (un comico e grottesco Enrico Franchi nel suo secondo ruolo), che ha subito ogni genere di sopruso ed è in cerca di vendetta proprio verso quel Learich che lo ha accolto nella sua casa/inferno.

 
 

E ancora: una zingara misteriosa appare dal buio e ci racconta i miti che sono all’origine del popolo Rom (Il popolo Kalò) attraverso la maestria e l’incisività di Giglia Marra. Grazie al suo personaggio, apprendiamo come il pregiudizio sia la vera barriera culturale che ostacola l’integrazione tra popoli diversi.

Impressionante per attualità la riscrittura di “Otello”: si ride e si riflette con il personaggio di Desdemona (Mavina Graziani nel secondo ruolo), una rampolla dell’alta società in piena deriva di valori, e si rimane scioccati dalla crudezza e il realismo dell’Otello di Giovanni Maria Buzzatti (nel secondo ruolo), un malavitoso appartenente ad un clan criminale di borgata che, esattamente come nella versione Shakespeariana, non sa controllare i propri eccessi d’ira lasciando prevalere la gelosia, rintuzzato a dovere nella sua debolezza da uno Jago anch’egli di borgata, interpretato da Emanuele Guzzardi nel suo secondo ruolo. A conclusione di queste incursioni/rivisitazioni delle opere del grande Bardo, non poteva mancare il Macbeth: molto più che originale l’idea di trasporre il personaggio di Lady Macbeth in una presentatrice televisiva “d’assalto”, pronta a rinunciare a tutto pur d’inseguire la propria carriera… al punto di sacrificare il proprio figlio. Commuove per intensità l’interpretazione di Giglia Marra che, da spietata adoratrice del diavolo, verrà spezzata dal proprio dolore interiore senza possibilità di salvezza. Solo una simile creatura potrebbe legarsi sentimentalmente ad un militare esperto in missioni internazionali con una naturale propensione ad infliggere la morte, il Macbeth di Giovanni Maria Buzzatti, un attore davvero camaleontico che si immerge nel suo credibilissimo terzo personaggio.

   

Abbiamo parlato di monumentalità non a caso, così ci appare l’operazione SHAKE FOOLS, per la quantità di temi toccati e per la maestria con cui vengono rappresentati, dove il tratto che distingue tutta l’opera è la leggerezza dell’ironia e la misura. Non si affonda inutilmente il coltello nella piaga, ma si sferza quanto basta per indurre serie riflessioni sulla società contemporanea, sui rapporti familiari, sulle discriminazioni che vengono attuate verso i più deboli, i diversi, come i malati mentali. Quello della gestione della malattia mentale è un problema serio e sempre più strettamente legata anche al femminicidio, così come i fatti di cronaca tristemente ci raccontano. Cinque attori che interpretano 11 personaggi desta sicuramente motivo d’interesse ma il risultato è ben sopra le attese.

Un plauso particolare va alla regia e alla scrittura di questa pièce che sapientemente, sa miscelare il linguaggio poetico dei testi shakespeariani con la crudezza del linguaggio quotidiano contemporaneo anche dialettale. L’impianto registico e l’allestimento illuminotecnico si pregia dello sguardo abituato al “dietro la macchina da presa” di Manuela Tempesta i cui rimandi cinematografici non possono sfuggire.

 

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