Emmanuelle Bercot porta al cinema la vera storia della coraggiosa Iréne Frachon e della sua battaglia per la verità.
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Nel 2007 in un ospedale di Brest in Bretagna la pneumologa Iréne Frachon si rese conto degli effetti collaterali sui pazienti che prendevano un farmaco molto diffuso in Francia chiamato Mediator. Usato per la cura dei diabetici affetti da obesità, causava valvulopatia e portava alla morte in molti casi. La dottoressa Frachon sollevò un caso nazionale, affrontando mille difficoltà, il fondatore dell’azienda farmaceutica Servier, infatti, era stato tra i finanziatori della campagna elettorale di Sarcozy. Alla fine, Irène Frachon scrisse un libro intitolato “Mediator 150 mg. Quanti morti?” per cui la casa editrice fu denunciata dalla Servier per diffamazione, e solo nel 2011, il farmaco fu ritirato dal mercato a seguito dello scandalo scoppiato.
“150 milligrammi“, è un film di denuncia, strutturato secondo i dettami dei film d’inchiesta all’americana. Un film, duro, non facile, il classico pugno nello stomaco, ma che visto il tema trattato non potrebbe essere diverso. E’ fiction, ma è la dimostrazione di come la vita di tutti noi non vale nulla per le multinazionali farmaceutiche e per i governi che le supportano. La regista di “A testa alta”, racconta una storia forte che lascia il segno procedendo implacabile, senza dare un attimo di sosta allo spettatore, spaventato dalle immagini crude di un’autopsia e dall’assoluta mancanza di scrupoli delle autorità governative che non vogliono cedere alle pressioni della donna.
L’attrice danese Sidse Babett Knudsen è estremamente efficace nella sua interpretazione, cogliendo perfettamente il carattere di Irène Frachon, che crede fortemente nell’importanza della salute dei suoi pazienti, una lottatrice che procede senza paura. La sua origine bretone la segna tutta per la sua testardaggine e per modi che tutto sono fuorché forbiti. Nella sua battaglia Irène è supportata dal collega ricercatore Antoine Le Bihan (Benoit Magimel), dalla spia Arsene Weber (Olivier Pasquier) e soprattutto dal marito Bruno (Patrick Ligardes). Un punto di forza del film è forte la personalizzazione della protagonista e degli altri personaggi che permette quell’immersione totale nella storia che, ripete la stessa Irène, è l’unico modo per comprenderla fino in fondo. Altro punto molto interessate, è la narrazione dell’opera concentrata sugli occhi della protagonista, blu come il mare di Brest, in questo c’è tutta la forza delle onde dell’Atlantico che bagna la Bretagna che si rispecchia nel suo carattere forte. Di volta in volta più prepotente, come il mare che opprime la piccola immagine dell’eroina nei momenti clou dell’affaire. Il coinvolgimento spinge il film oltre il resoconto pseudo-documentario, travolgendoci in una storia che è autentica non solo perché vera, ma perché sincera, pura e genuina. La regista spiega senza tanti fronzoli tutto ciò che ha portato all’eliminazione dal mercato del Mediator, farmaco altamente tossico della potente Servier. Il film della Bercot è molto simile ad “Erin Brockovich – Forte come la verità”, è proprio come la pellicola americana è un urlo lancinante contro un mondo che pensa solo al denaro e al potere.
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150 Milligrammi | Trailer Ufficiale