Il regista Andrea Sbarretti racconta una storia d’amore tra le macerie di Norcia del post terremoto.
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“In inverno le lumache chiudono l’epifragma e se ne stanno nascoste nelle intercapedini dei muri. Le temperature si abbassano, vanno sotto lo zero e loro restano lì. Molte muoiono, ma la maggior parte riesce a superare l’inverno e in primavera risorge. Come la fenice”. Questa è la metafora della lumaca, che sintetizza al meglio il film “Il lento inverno” del regista ternano Andrea Sbarretti. Una storia d’amore tra le macerie, un inno alla rinascita di questo territorio e di tutta la Valnerina, partendo da Norcia per giungere a Preci, salendo lungo le rive del fiume Nera ed arrivando a Visso. E’ nei periodi più difficili che bisogna prendere esempio dalle lumache, chiudendosi in se stessi per riuscire a sopravvivere. Questo fanno i protagonisti de “Il lento inverno” e tutti gli abitanti della vallata nursina: persone abituate a faticare ed a lavorare duramente. Gente attaccata al territorio e che dalla terra trae i propri frutti. E come in una sorta di “ideale dell’ostrica”, gli umbri, come i siciliani descritti da Giovanni Verga, se lasciano la propria terra, muoiono. Come le ostriche che abbandonano il proprio scoglio.
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