venerdì, Novembre 8, 2024
 
CINEMA

LO SPETTATORE CINEMATOGRAFICO NELL’ERA DELLO STREAMING

 
 

 

L’accesso delle piattaforme di streaming sul mercato dell’audiovisivo ha generato cambiamenti sensibili nello sfruttamento del prodotto e nelle sue modalità di consumo.

a cura di Leopoldo Santovincenzo

   

 

 

In primo luogo ha allungato ulteriormente la filiera dello sfruttamento introducendo l’illusione dell’immanenza del prodotto in opposizione alla “transeunte” connessa all’emissione di “appuntamento” all’interno di un palinsesto regolato da orari e da una logica lineare di flusso (c’è un prima e un dopo il passaggio di ogni singolo prodotto che attraverso le dinamiche di “lead in” e/o di “lead out” determina il traghettamento verso o l’allontanamento dal contatto tra utente e prodotto.

Lo streaming ha segnato ovviamente il superamento del palinsesto nato in origine come strumento che si accorda alla scansione sociale del tempo attraverso il modello della giornata: i programmi mattutini destinati alle casalinghe, l’informazione come luogo di appuntamento all’ora in cui la famiglia si riunisce intorno al tavolo da pranzo, la televisione pedagogica, la televisione dei ragazzi, l’intrattenimento leggero, il Craosello come limine per il pubblico infantile (“dopo Carosello a dormire!” )l’appuntamento verso il film o l’intrattenimento di prima serata quando la famiglia si riunisce nuovamente intorno al desco

Ma capace anche, nel suo impiego “alto”, di costruire nel suo evolversi un quadro comunicativo più complesso stabilendo delle connessioni tra prodotti di generi completamente diversi e, attraverso questa pratica, se non di trovare, quantomeno di ricercare un “senso”.

 
 

L’accesso allo streaming consente alcuni passaggi fondamentali nell’evoluzione del consumatore di materiali audiovisivi: la costruzione di un palinsesto personalizzato, la costituzione di un tempo di consumo teoricamente infinito e, sul modello ideale del web, commisurato unicamente sulla resistenza individuale (il binge watching come antidoto alla gestione del tempo verticale, dall’alto verso il basso), la possibilità di interrompere, riprendere, tornare indietro che trasforma la visione in una sorta di versione potenziata della libertà annunciata negli anni ’80 dall’home video.

Inoltre l’introduzione progressiva di nuovi device ha “delocalizzato” il ruolo centrale che l’apparecchio televisivo aveva nella concezione tradizionale della casa (sostitutivo del camino nel passaggio dalla società contadina a quella industriale) dove aveva uno spazio dedicato e autorevole al centro delle attività familiari. La moltiplicazione degli apparecchi televisivi che con un allargamento del benessere aveva già consentito di esperire un consumo privato e individuale, viene superata estraendo la visione dallo spazio domestico e innestandola di volta in volta in spazi pubblici ma, ora volta, senza condivisione fisica dell’esperienza che, al massimo viene condivisa in tempo reale sui social.

La necessità di alimentare le piattaforme di prodotto ha incrementato il volume della produzione e della distribuzione (non più sottomessa ai costi di distribuzione cinematografica e alla necessità di intercettare una quantità enorme di spettatori nel più breve tempo possibile) ma l’ha anche livellata essendo l’aspettativa estetica ridotta e la dimensione sensoriale intimamente connessa alla grande sale, al grandissimo schermo e all’acustica immersiva ormai non più indispensabile essendo il consumo appunto aperti ai device più diversi e alle condizioni di consumo più estese. Il successo di un singolo prodotto si misura dunque sulla sua capacità di riverberarsi velocemente, sulla sua aspirazione a propagarsi oltre i mezzi a disposizione per il suo specifico consumo.

Di contro la natura globale delle multinazionali dello streaming ha anche consentito di avere a disposizione filme e serie che un tempo la censura del mercato avrebbe escluso: e così una serie o un film coreano hanno ora quasi le stesse chance del dominante prodotto anglo-americano sia pure.

   

Il vero problema resta la modalità di accesso al singolo prodotto: nella galassia delle offerte di streaming, ad eccezione dei prodotti promossi dagli editori con vigore e dunque messi in evidenza nelle interfacce, il resto esiste ma naviga in un oceano sommerso e sostanzialmente dis-organizzato secondo le bussole culturali in cui solo gli esploratori più informati e più audaci hanno la possibilità di trovare tesori o specie rare. Il resto è preda della logica degli algoritmi che, come spesso i computer, sono più veloci che intelligenti.

Si assiste, a questo senso, a una fase transitiva, a una trasformazione in atto in cui ancora non sono stati individuati gli strumenti adatti ad attingere alla libertà che idealmente un sistema così minuziosamente rivolto all’individuo e così ricco di opportunità possiede in nuce: e così, in forme diverse, l’unica rivoluzione che davvero si è computa è l’acquisizione massiccia o quantomeno l’ipoteca del tempo dello spettatore da parte del Capitale.

 
 
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