A distanza di vent’anni ricordiamo alcuni dei film diventati cult del cinema moderno.
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Esattamente vent’anni fa solcavano i grandi schermi alcuni tra i film più notevoli della chiacchierata storia dei Nineties. Parliamo per capirsi di o Rounders, tanto per citarne qualcuno, o di Sliding Doors e La sottile linea rossa, per continuare. Il panorama non è affatto parco, ma guardando alla sua candidatura a tre oscar e alla vincita di tre BAFTA e altrettanti Golden Globe, è opportuno cominciare menzionando il più originale capolavoro di Peter Weir, The Truman Show. Siamo al centro di uno show televisivo che non sa di essere tale e Truman il protagonista – reso da un’indelebile prestazione di Jim Carrey – non sa di farne parte. Tutto intorno a lui è porzione di un più ampio ed efferato meccanismo televisivo. Dalla casa agli abiti carichi di telecamere nascoste, al migliore amico, alla moglie, all’ambiente di lavoro, tutto risponde a una messinscena, a una comparsata, a pura e tecnica finzione.
I vicini, l’edicola, persino la pioggia e il mare sono posticci, componenti meccanicamente manovrate dalla mente demiurgica dell’intero set, Christof, una sorta di regista-sceneggiatore alle prese, nel suo delirio di onnipotenza, con uno show dalle proporzioni internazionali: lo Show di Truman. Film che ha portato al parossismo le tematiche del Big Brother orwelliano anticipando e centrando i motivi e i risvolti più aporetici e ambigui dell’epoca odierna dei reality show, The Truman Show è un film intelligente, critico e tremendamente attuale. Un film che nel suo dilatare allo stremo i meccanismi della realtà televisiva, della fiction, dell’ossessione al protagonismo, riesce a instillare e provocare nei nostri sguardi, un po’ come avviene per Truman sul finire del film, il dubbio e la diffidenza sul senso e sulla deriva della realtà che ci circonda. Operazione tipica ed esclusiva dei grandi capolavori. Da un capolavoro all’altro, è il caso di passare a Rounders, il film cult di John Dahl, con protagonista Matt Damon nei panni di Mike McDermott, che quest’anno compie vent’anni. Definito il miglior film di sempre sul poker, Rounders, naturalmente valorizzato dalla magistrale interpretazione di Matt Damon fino a quel momento prevalentemente ricordato nei panni del genio di Will Hunting, tratta di uno studente newyorkese con la passione e l’ambizione del poker. Mike gioca al 7-card stud, una classica variante del poker che, per essere imparata a fondo, richiede molto tempo e impegno. Uno dei grandi meriti del film è quello di essere riuscito in qualche modo a filtrare l’intenso mondo del poker dagli occhi di un giovane giocatore giungendo lanciare la disciplina del poker.
Non è un caso che proprio dopo la distribuzione del film vi sia stata in America una cospicua crescita di giovani che hanno scelto di dedicarsi al poker sportivo. Per congedarci sulle note della celebre e malinconica canzone degli Aqua Turn back time, è inevitabile citare la pellicola che ha decisivamente consacrato Gwyneth Paltrow al successo, Sliding Doors. Brillante frutto del regista Peter Howitt, Sliding Doors ci offre, mediante un inconveniente ordinario e la grazia della protagonista, la possibilità di pensare e ripensare le varie direzioni su cui procede la nostra esistenza, lasciando che la nostra immaginazione scorra su due diverse ipotesi e binari. In fondo la vita ha un po’ come le porte scorrevoli di un treno o di una metropolitana, più possibilità d’ingresso e più vie d’uscita. Tutto sta nell’incrociare quelle giuste.
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