The Gerber Syndrome, «un film di fiction in cui la quasi totalità degli elementi che compongono la storia sono assolutamente reali». Statene alla larga perché potreste cominciare a girare per strada con guanti e mascherina, o a chiudervi in camera da letto per paura di venire a contatto con un infetto. Perché la sindrome di Gerber può colpire tutti, e non esiste ancora una cura. The Gerber Syndrome, mockumentary firmato dal giovane Maximilien Dejoie e prodotto da Indastria Film, casa di produzione di Torino nata per «vivere il cinema come un’industria secondo il modello americano, fatto anche per generare lavoro oltre che cultura». Un prodotto cupo e inquietante, girato come un documentario ma spesso spaventoso quanto un found footage.
Dal trailer pare qualcosa di già visto, anche se non precisamente in Italia. La pellicola è girata sullo stile del finto documentario, e ricalca uno stile di ripresa alla REC, s, dove la rabbia sembra essere sostituita da una pericolosa forma di febbre suina. Gli ingredienti ci sono, ma per sapere se c’è il giusto mix dobbiamo aspettare il film intero. La storia, ambientata nei primissimi giorni dello scoppio del virus, seguirà un medico impegnato a trattare la figlia di una famiglia di amici, mentre la pazzia e la violenza inizierà a dilagare
Oltre alle telecamere HD con cui viene realizzato il (falso) documentario sul morbo di Gerber, Maxi Dejoie sfrutta altri supporti, come le microcamere nascoste, con le quali vengono realizzate credibilissime scene di testimonianza da parte degli specialisti del CS, e persino video caricati sul web da chi vuole farsi giustizia da solo in mancanza della presenza istituzionale.
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