“I giorni della vendemmia” di Marco Righi è un’opera prima anomala e intensa, non solo paragonandola all’asfittico panorama cinematografico italiano. Innanzitutto è un opera “in levare” e non “per accumulo”: il giovane regista Marco Righi non cerca quindi di inserire in un film la propria filosofia omnia di vita (classico errore dei registi/sceneggiatori alle prime armi), ma si limita a raccontarci personaggi e a darci spunti di riflessione e nostalgia. Questo porta anche al piacevole side effect di avere un film con pochi dialoghi, incentrato sulle atmosfere più che su una storia compiuta; un film che, mi si perdoni il paragone, naviga dalle parti di Olmi, Piavoli e Diritti. Poi è un’opera estremamente curata dal punto di vista visivo, girata in un digitale quasi mai percettibile e con un incredibile lavoro di fotografia e post-produzione per rendere credibili visivamente anche quelli che possono essere i punti deboli di un’opera girata a basso budget (la sottoesposizione nelle scene con poca luce, ad esempio). Per finire, è impressionante la credibilità di Marco d’Agostin nella parte di Elia, sintomo non solo di una grande capacità di selezione degli attori ma anche di un ottimo livello di direzione degli stessi. Sono, certo, un po’ più enfatici e meno credibili Lavinia Longhi e alcuni altri comprimari (su tutti però spicca, per bravura e credibilità, la ruspante Elide Bertani), ma rimangono comunque sopra la media cinematografica attuale. Marco Righi, in questo film, si è costruito una sua poetica e il mio augurio è che rimanga una mosca bianca nel pianeta cinema e, invece che sperimentare nuove soluzioni, continui a percorrere questo solco diventando un autore riconoscibile a tutti gli effetti.
Il film è stato realizzato in sole due settimane di riprese, in un’unica location; le scene del lungometraggio sono state girate tra la campagna di Masone e quella di Gavassa, entrambe in provincia di Reggio Emilia
Sinossi
1984. Nel settembre ancora torrido di quella provincia rurale emiliana più intrisa di cattolicesimo e socialismo nostrano, Elia vive con i genitori: William, con una forte inclinazione ideologica al marxismo, e Maddalena, fervente cattolica; insieme alla anziana nonna, Maria. Il tempo è quello del raccolto e ad aiutare nel vigneto adiacente casa, dalla città, arriva Emilia, la nipote ormai grande di una coppia di compaesani. La giovane donna decide di tornare per un breve periodo dai nonni di campagna per scrivere la tesi e nel frattempo guadagnarsi un viaggio che ha in mente. Presuntuosa e disinvolta Emilia è una rivoluzione nell’ordine della quotidianità dell’adolescente di provincia. Come se non bastasse, a movimentare il fine estate di Elia, dopo un’anno passato in giro per l’Europa, ritorna anche Samuele, il primogenito della famiglia. Un ex-settantasettino ora giornalista musicale per l’estero.
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